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L’EX MARITO E’ TENUTO AL PAGAMENTO DEL CANONE DI LOCAZIONE DELL’ABITAZIONE ASSEGNATA ALLA MOGLIE ED AI FIGLI

L’EX MARITO E’ TENUTO AL PAGAMENTO DEL CANONE DI LOCAZIONE DELL’ABITAZIONE ASSEGNATA ALLA MOGLIE ED AI FIGLI

La cassazione torna ad occuparsi di problematiche economiche legate al divorzio con la sentenza del 22/06/2020 n.12058 confermando la decisione del giudice di appello che, pur eliminando  l’obbligo del marito al mantenimento alla ex moglie che lavora, lo grava del pagamento dei canoni di locazione dell’immobile in cui abita la donna con le figlie, in quanto genitore collocatario.

Di seguito il testo integrale della sentenza:

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Roma, con decisione in data 22/12/2017, ha riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma in data 15-4-2016 in sede di dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da F.P. e T.A. ed ha eliminato l’assegno mensile di 600,00 Euro a a favore della moglie ed a carico del marito lasciando per il resto immutate le ulteriori statuizioni relativamente al mantenimento delle figlie ed al canone di locazione della casa coniugale. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione F.P. affidato a quattro motivi e memoria.

T.A. resiste con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo e memoria.

Il ricorrente resiste con controricorso a ricorso incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre dare atto della tempestività del ricorso incidentale, che risulta proposto il 27 luglio 2018 e quindi entro il termine di giorni quaranta dalla notifica del ricorso principale che è stato notificato il 20 giugno 2018.

Con il primo, e secondo motivo di ricorso, ambedue contenenti la medesima censura, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 6 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5 in quanto il giudice territoriale ha posto a carico del F. il pagamento del canone di locazione della casa coniugale pur essendo la medesima stata assegnata alla moglie che lì vive ed abita con le figlie peraltro senza alcuna motivazione sul punto e nonostante il maggior reddito della moglie.

Con il terzo e quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 e 131.898 del 1970 e 112 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in quanto il giudice territoriale non ha tenuto conto delle situazioni economiche delle parti e dei fatti nuovi sopravvenuti. Il ricorrente evidenziava infatti che la ex moglie godeva di uno stipendio di 1.619,00 Euro mensili che era aumentato a 1.800,00 circa oltre alla disponibilità dell’appartamento coniugale di cui lui pagava il canone. Inoltre ha eliminato l’assegno con decorrenza solo dalla data di passaggio in giudicato della decisione e non dalla data della domanda.

Con ricorso incidentale T.A. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice territoriale non ha tenuto conto delle situazioni economiche delle parti e dell’enorme differenza tra le due situazioni reddituali. Infatti aveva eliminato l’assegno sebbene il reddito del marito fosse circa 6.000,00 Euro al mese contro Euro 1.617,00 da lei percepite.

Il ricorso principale e quello incidentale, da valutarsi congiuntamente, perchè strettamente connessi, sono entrambi infondati.

La decisione impugnata ha infatti valutato tutti gli elementi allegati dalle parti: ha preso in considerazione la loro situazione economica ed in ispecie ha tenuto conto che la disponibilità reddituale dell’ex-moglie è aumentata da Euro 1.613,00 a somma ricompresa tra Euro 1.800,00 ed Euro 2.200,00 per cui ha eliminato l’assegno di mantenimento in favore della stessa (già fissato in Euro 600,00) lasciando immutate le statuizioni in ordine alle figlie (rispettivamente Euro 800,00 per M. ed Euro 700,00 per F.) ed al pagamento del canone di locazione quale integrazione del contributo per il mantenimento delle figlie stesse.Nessuna specifica circostanza risulta, in ispecie, esser stata trascurata dal giudice territoriale, nell’accogliere la domanda di eliminazione dell’assegno divorzile a favore della moglie, talchè il ricorso incidentale si risolve in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, inammissibile in questa sede di legittimità, tanto più non sono più proponibili censure attinenti a vizio motivazionale in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v.Cass., sez. un., n. 8053/2014). La decisione risulta peraltro conforme alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez.U, n.18287 del 11/07/2018) secondo la quale “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”. Inconferenti sono i primi due motivi di ricorso principale dovendosi ritenere consentito al giudice della separazione e del divorzio di porre a carico del coniuge con maggiori disponibilità e, come nella specie, ad integrazione del contributo in favore della prole, l’onere del pagamento del canone di locazione dell’immobile adibito a casa familiare, anche se di essa non sia assegnatario ed indipendentemente dall’intestazione del contratto di locazione e

dalla qualità di conduttore. Sotto altro profilo, come si è detto, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non consente più la deduzione del vizio motivazionale.

La decisione deve essere confermata anche in ordine alla decorrenza della eliminazione dell’importo dell’assegno, oggetto dei motivi terzo e quarto in quanto la decisione non retroagisce necessariamente alla data di proposizione del ricorso proposto.

A tal riguardo, va fatta applicazione del principio affermato con la sentenza Cass. Sez.1 n. 9533 del 4/4/2019, secondo cui: “La natura e la funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in conseguenza del divorzio, così come quelli attinenti al regime di separazione, postulano la possibilità di adeguare l’ammontare del contributo al variare nel corso del giudizio delle loro condizioni patrimoniali e reddituali, e anche, eventualmente, di modularne la misura secondo diverse decorrenze riflettenti il verificarsi di dette variazioni (oltre che di disporne la modifica in un successivo giudizio di revisione), con la conseguenza che il giudice d’appello, nel rispetto del principio di disponibilità e di quello generale della domanda, è tenuto a considerare l’evoluzione delle condizioni delle parti verificatasi nelle more del giudizio.”

Per quanto sopra il ricorso principale ed incidentale devono essere respinti con compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità. Rilevato che dagli atti il processo risulta esente della L. n. 74 del 1987, ex art. 19 e D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale ed incidentale. Compensa le spese del giudizio di legittimità. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima/sesta sezione della Corte di Cassazione, il 29 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 22 giugno 2020